Parco "Deportati Ebrei di Alessandria"

Un carro ferroviario per ricordare
(Alessandria, 5 febbraio 2007)

Periodo di apertura
Aperto in occasione della “Giornata della Memoria”  il 27 gennaio  

Ingresso gratuito

Per informazioni e prenotazioni: 
URP numero verde gratuito 800 111114

l monumento è facilmente raggiungibile anche con i mezzi di trasporto
pubblico. Per ulteriori informazioni su come “Muoversi e sostare in
città” è possibile trovare tutti i riferimenti sul sito

Ecco, direi che sono proprio i treni merci il riflesso scatenante,
quello che mi fa più impressione,
perchè ancora adesso vedere un vagone merci,
tanto più entrare in un vagone merci, mi dà un effetto violento,
rievocatorio insomma, molto più, direi,
che non rivedere i paesi e i luoghi, Auschwitz stessa.
Aver viaggiato cinque giorni in un vagone merci piombato è
un’esperienza che non si dimentica.”

da un’intervista a Primo Levi

 
 

 

Perché un carro ferroviario?

Probabilmente per la prima volta in Italia un’Amministrazione Comunale – quella di Alessandria – ha deciso di realizzare un monumento alla tragedia della Shoah con un carro ferroviario simile a quelli utilizzati per il trasporto dei deportati nei campi di concentramento. Su un mezzo come questo, durante la Seconda guerra mondiale, furono caricati i prigionieri che partivano per una destinazione ignota, senza cibo né acqua, senza spazio per dormire, spesso senza aria per respirare, ignari di ciò che avrebbero trovato dopo giorni di viaggio.

 

Nella maggior parte dei casi, all’arrivo, li aspettava la morte: nelle camere a gas, oppure di fame, freddo o sfinimento nei campi di concentramento. Il progetto, voluto dall’Assessorato alle Politiche per la pace e dei Servizi Demografici, è stato realizzato in collaborazione con l’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria.
Il carro, utilizzato nei primi anni ’30 e poi ricostruito nel 1934, è stato acquisito da Trenitalia;
classificato di tipo ‘G’, faceva parte dei convogli che trasportarono gli ebrei italiani verso la Germania ed è simile ai carri bestiame: questi furono scelti perché la sorveglianza era più agevole ed era più semplice stipare gli occupanti, con la chiusura ermetica dall’esterno.
Il vagone è stato collocato su un tratto di binario lungo 13 metri, che si interrompe bruscamente a simboleggiare il non ritorno. All’esterno un percorso didattico, realizzato su pannelli, ricostruisce le fasi della deportazione alessandrina. All’interno è installato un “libro sensibile” (un sistema interattivo multimediale) che permette ai visitatori di approfondire specifiche tematiche sulla deportazione.

 
 
 

Brevi osservazioni sulla storia degli Ebrei di Alessandria

Nel 1490, Abramo, figlio di Giuseppe Vitale de Sacerdoti (di cui si ignora la provenienza, forse dal sud della Francia) fu autorizzato ad aprire un banco di prestito ad Alessandria; è l’inizio dell’ebraismo alessandrino. Dopo pochi anni arrivarono nuove famiglie: Levi, Pugliese, Amar. All’inizio del 1700, gli ebrei alessandrini, con l’arrivo di nuove famiglie (Levi de Veali, Montel, De Benedetti, Della Torre) erano 420. Nel 1723 i Savoia istituirono il ghetto. A fine Settecento si aggiunsero le famiglie Muggia, Cervidal, Pontremoli, Jona, Tedesco, Ottolenghi, Norsi, Luzzati, Bedarida. La breve parentesi napoleonica vide in primo piano numerosi ebrei: Lelio fu Salomon, Abraan Vitale; Bonaiuto Matassia, Israel e Jacob Pugliese, Abramo Raffael Della Torre. Con l’emancipazione, nel 1848, gli Ebrei alessandrini entrarono massicciamente nella vita politica, culturale, economica e militare del regno sabaudo e poi nell’Italia risorgimentale.

E’ del 1871 la costruzione della Sinagoga di via Milano, monumentale esempio di sinagoga post-emancipazione, emblema e simbolo di una Comunità che aveva raggiunto ricchezza, posizione sociale, stima e che si sentiva perfettamente integrata nella società circostante. Nella Prima Guerra Mondiale morirono due ebrei: Mario Vitale di Davide e Cesare Amar, medaglia d’argento al valore militare: i loro nomi sono scritti sul monumento ai giardini pubblici di Alessandria. Le leggi razziali del 1938 incisero profondamente sulla Comunità, provocando un rilevante calo economico, ma soprattutto una offesa morale, una profonda delusione e umiliazione. Ventisette furono i deportati verso i campi di sterminio. Nessuno di essi tornò. Oggi, la Comunità non esiste più, fa parte di quella di Torino: neanche una decina sono gli ebrei presenti in città.